FacebookInstagramTwitterVimeoYouTubeMailing List

 

I Leoni e l'Aquila
Intervista alla Fossa dei Leoni 1970 Fortitudo Bologna

25. In passato riuscivate a prendere in contropiede i vostri nemici facendo voi per primi autoironia sul fatto che “non avevate mai vinto un c…o” e, malgrado tutto, il vostro tifo era degno di una grande squadra e di grandi risultati, anche ai tempi in cui invadevate Cremona e Reggio Emilia per conquistare la… permanenza in serie A2. Poi, un bel giorno, la maledizione è stata spezzata, è arrivata la prima Coppa Italia, poi il primo scudetto e addirittura il secondo tricolore (al cardiopalma), con annesse partecipazioni all’Eurolega… secondo voi, in quegli anni, è cambiato (e in che misura) lo spirito del tifoso medio fortitudino? E quanto è cambiato il modo di essere dei “fossaioli”?

Sì, sicuramente con la conquista dei primi importanti trofei è cambiato anche il tifoso medio fortitudino, nel senso che per la prima volta si sono avvicinati alla F scudata anche quelli che erano spinti esclusivamente dalla moda del momento, perché finalmente la Fortitudo era arrivata allo stesso livello dei ricchi virtussini e ce la potevamo giocare alla pari. Naturalmente tutta questa gente, non avendo vissuto gli anni della vera Fortitudo, non aveva niente del vero “Spirito Fortitudo”, lo prova il fatto che non appena le cose hanno cominciato ad andare male si sono volatilizzati, e a seguire la Fortitudo sono rimasti quelli di sempre, cioè coloro che la seguivano anche prima dei grandi successi.

Il modo di tifare della Fossa, sostanzialmente, non è mai cambiato anche se a dire il vero abbiamo vissuto un periodo di rilassamento dopo la vittoria del primo scudetto. La Fossa si è trovata in difficoltà per colpa delle solite diffide che hanno colpito il gruppo, privandolo della presenza di persone molto attive ma anche per il fatto di esserci trovati catapultati al centro del palcoscenico nazionale e internazionale, in un ruolo a cui non eravamo abituati. Soprattutto con un gran viavai di campioni ma senza una vera e propria bandiera, cosa a cui siamo molto affezionati e di cui sentivamo un gran bisogno.

A livello di tifoseria in generale, in quel periodo si è forse un po’ perso il senso di quello “Spirito Fortitudo” di cui si era sempre sentito parlare e che, ad un certo punto, solo pochi sapevano spiegare cosa fosse realmente. Oggi, per assurdo, con la Fortitudo finita in disgrazia ci sono maggiori possibilità di ridare vita allo “Spirito Fortitudo”, che non è altro che un sentimento che portano avanti i suoi tifosi, nel bene e nel male, riuscendo a trasmetterlo anche ai giocatori che scendono in campo.

Ecco, c’è da dire che questi ultimi due anni in particolare sono stato determinanti sotto questo aspetto. Prima di tutto perché hanno messo a dura prova il sistema nervoso di tutti noi, che abbiamo dovuto accettare il fatto di seguire una squadra che non era la vera Fortitudo, per quanto fosse la sua naturale continuazione e sicuramente un mezzo per riuscire un domani a riavere la vera Fortitudo. Malgrado ciò, siamo riusciti a fare una stagione e mezza da Fortitudo. La Fossa, in una situazione di difficoltà estrema, è riuscita a tirare fuori il massimo e lo prova il fatto di aver ricevuto dei riscontri estremamente positivi, soprattutto dalla gente 39comune. E questo ci teniamo particolarmente a sottolinearlo, perché non parliamo del ragazzo che frequenta la Fossa oppure del personaggio noto (imprenditore o politico di turno), bensì dei semplici tifosi che magari all’inizio erano scettici e ci guardavano con diffidenza ma poi, alla fine del campionato, ci sono venuti a dire che si sono divertiti e che tutto sommato avevamo ragione nel volerci togliere di dosso tutta quella gente che al PalaDozza ci veniva solo per moda o per fare numero, senza avere nulla da dare alla causa. Stavolta invece, soprattutto quando ci siamo trovati a giocare nella quarta serie della pallacanestro italiana, nonostante fossimo in pochi e fosse brutto vedere il PalaDozza semivuoto (fatta eccezione per la nostra curva!) in occasione delle gare interne della Eagles, siamo riusciti a creare un’unica entità, noi tifosi tutti, fossaioli e non fossaioli assieme ai giocatori. Siamo partiti senza nemmeno sapere se la Eagles sarebbe riuscita a durare fino alla fine del campionato e man mano che andavamo avanti ci accorgevamo che se al PalaDozza c’erano 1.000 spettatori, 600 o 700 erano con noi in curva. A quel punto abbiamo cercato di eliminare la differenza che c’era stata fino a quel momento tra la Fossa e i semplici tifosi, perché sapevamo che tutti eravamo lì per lo stesso motivo, l’amore per la Fortitudo, la vera Fortitudo. È stato allora che abbiamo cominciato a sentire un po’ più “fossaioli” tutti quelli che venivano con noi al PalaDozza e allo stesso tempo ci siamo sentiti un po’ più semplici tifosi noi, seppure continuavamo ad essere la parte trainante della tifoseria. Si è creata una sinergia davvero forte tra tutti quelli che erano presenti al palazzetto, giocatori inclusi.

Non era la Fortitudo ma siamo riusciti a disputare una stagione e mezza da Fortitudo e questo è quello che resta e ricorderemo sempre della breve esperienza di Eagles.

Domanda 26